I fatti
La decisione della Cassazione
L’occasione offre il destro alla Corte per chiarire se sia applicabile, in via estensiva, ai rapporti di convivenza di fatto il regime tributario di favore previsto in caso di separazione personale dei coniugi: il trasferimento per effetto di un accordo tra coniugi in sede di separazione personale, infatti, non comporta la decadenza dai benefici fiscali, «atteso che la ratio della disposizione, volta a favorire la complessiva negoziazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi in occasione della crisi, esclude che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in tale sede» (Cass. civ., n. 7966/2019).
Ma per le coppie di fatto non è previsto un analogo procedimento, e ciò perché la legge Cirinnà, che ha introdotto nell’ordinamento italiano una specifica disciplina per l’unione civile tra persone dello stesso sesso e per le convivenze di fatto, non ha regolamentato gli aspetti fiscali, che devono quindi essere ricostruiti in via interpretativa.
E neppure la Corte europea dei diritti dell’uomo impone di riconoscere pari diritti tra coppie sposate e non: la Corte, infatti, ha riconosciuto agli Stati contraenti la facoltà di accordare una “tutela privilegiata” alle coppie unite in matrimonio, affermando che «l’art. 8 Cedu non obbliga ad attribuire alle coppie di fatto uno statuto giuridico analogo a quello delle coppie coniugate», e ritenendo ammissibili differenze di trattamento in materia di abitazione della casa familiare dopo la rottura del rapporto di coppia.
Sì al riconoscimento della libertà di non sposarsi, ma senza il diritto a fruire degli stessi benefici accordati alle coppie coniugate.