Immobile locato in nero, condanna per violazione di domicilio al proprietario

Immobile locato in nero e affitto non pagato dall’inquilino: condannato per violazione di domicilio il proprietario
Respinta la tesi difensiva, mirata a ridimensionare l’episodio.
Irrilevante il fatto che le persone presenti nell’immobile l’avessero occupato senza un valido titolo.
Ciò non basta per escludere l’esercizio dello ius excludendi nei confronti del proprietario.
Cass. pen., sez. V, ud. 23 settembre 2022 (dep. 20 ottobre 2022), n. 39809

I fatti

Colpevole di violazione di domicilio il proprietario che entra di forza nell’immobile dato in affitto ‘in nero’.
Irrilevante il fatto che l’inquilino abbia interrotto il pagamento del canone di locazione.
Ricostruito in dettaglio l’episodio, verificatosi in Liguria, le due persone sotto processo, ossia la proprietaria dell’immobile e il marito, vengono condannate per il delitto di violazione di domicilio.
 La donna è entrata di forza nella casa di sua proprietà e data in affitto ‘in nero’ a una famiglia.
Per il legale di moglie e marito, però, va utilizzata una differente chiave di lettura per comprendere la condotta tenuta dai suoi clienti.
 Il legale sostiene che «le persone offese», cioè la famiglia presente nell’immobile, «erano occupanti abusive della casa e, come tali, prive dello ius excludendi nei confronti della proprietaria dell’immobile», e ciò ha fatto venire meno, a suo parere, «il bene giuridico tutelato dell’inviolabilità del domicilio».

La decisione della Cassazione

La linea proposta dalla difesa dei due coniugi viene prontamente smentita dai giudici della Cassazione, i quali chiariscono che, in materia di violazione di domicilio, «l’occupazione» di un immobile «non coperta da valido titolo», come in questa vicenda, «non esclude in capo all’occupante illegittimo l’esercizio dello ius excludendi» nei confronti del proprietario dell’immobile, quando, però, «le particolari modalità con cui si è svolto il rapporto con il titolare del diritto sull’immobile consentono di ritenere quel luogo come l’effettivo domicilio dell’occupante medesimo».
In questa ottica «viene in rilievo non già il titolo formale in virtù del quale il domicilio – nell’accezione, costituzionalmente tutelata, di luogo in cui si esplica la personalità dell’individuo nell’intimità – è costituito, bensì il rapporto di fatto instaurato con la casa», precisano i giudici, ricordando, a mo’ di chiarimento, che «non è configurabile il reato di violazione di domicilio nella condotta dell’inquilino che, pur avendo subito un provvedimento di sfratto emesso dal giudice civile, si introduce nell’immobile prima che il locatore venga reimmesso effettivamente nel possesso, spontaneamente o in seguito ad un procedimento di esecuzione forzata per rilascio».
I magistrati sottolineano che «le persone offese occupavano l’immobile in virtù di un contratto di locazione non registrato» e «avevano sospeso il pagamento del canone» senza che però «la proprietaria avesse intrapreso alcuna azione giudiziaria».
Per chiudere il cerchio, infine, i giudici aggiungono che «le modalità dell’introduzione nell’immobile, del successivo trattenimento e della violenza impiegata in danno degli occupanti ‘in nero’ hanno certificato pienamente la coscienza e la volontà della violazione» da parte della proprietaria dell’immobile.
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Avv. Francesco Pavan
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