Il testimone che abbia vincoli di parentela con una delle parti non è per forza inattendibile.
La Suprema Corte ribadisce che in tema di prova testimoniale non esiste alcun principio di necessaria inattendibilità del testimone che abbia con una delle parti processuali un vincolo di parentela o coniugale, non potendo l’attendibilità degli stessi essere esclusa aprioristicamente, senza altri elementi da cui il giudice possa desumere la perdita di credibilità.
I fatti
La decisione della Cassazione
Gli Ermellini dichiarano il motivo di ricorso fondato, evidenziando che il Giudice non aveva esercitato legittimamente il potere di riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti, avendo egli escluso persone al di fuori dei limiti consentiti dall’art. 245 c.p.c..
In tal senso, la Corte rileva che i soggetti legati alle parti processuali da vincoli di parentela o affinità possono essere sentiti nelle vesti di testimoni, fatta salva la successiva valutazione della loro attendibilità all’esito dell’esame.
Inoltre, la Corte di Cassazione ribadisce che «In materia di prova testimoniale, non sussiste alcun principio di necessaria inattendibilità del testimone che abbia vincoli di parentela o coniugali con una delle parti […], l’attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente in difetto di ulteriori elementi dai quali il giudice del merito desuma la perdita di credibilità».
Per questo motivo, gli Ermellini accolgono il motivo di ricorso prospettato dalla ricorrente, cassano la sentenza impugnata in relazione ad esso e rinviano gli atti alla Corte d’Appello di Milano.
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Avv. Francesco Pavan