Pubblicare una frase offensiva sullo “Stato” di WhatApp: è Diffamazione
Con l’avvento della nuove tecnologie, anche la pubblicazione sullo “Stato” di WhatApp, pubblicazione che dura 24 ore, rischia di avere conseguenze penali.
Condanna definitiva per un uomo.
Inequivocabile la condotta consistita nella condivisione tramite lo stato di WhatsApp di contenuti lesivi per la reputazione di una donna.
Rilevante la constatazione che quei contenuti erano visibili dai contatti presenti nella rubrica dello smartphone dell’uomo.
Cass. Pen., Sez. V, n. 33219, depositata l’ 8 settembre 2021,
I fatti
All’origine della vicenda la decisione di un uomo, che utilizza il proprio stato su WhatsApp per pubblicare «contenuti lesivi della reputazione» di una donna.
La donna non apprezzando i contenuti pubblicati, denuncia l’uomo che si ritrova condannato, sia in primo che in secondo grado, per diffamazione.
Il reato spiegano i Giudici, è consistito nella pubblicando nel proprio stato di WhatsApp di contenuti lesivi della reputazione della donna.
L’uomo contesta la decisione della Corte d’Appello e ricorre in Cassazione.
La decisione della Cassazione
I Giudici del Palazzaccio confermano, come stabilito sia in primo che in secondo grado, «la riferibilità alla donna delle espressioni diffamatorie» pubblicate dall’uomo sul proprio stato su WhatsApp e visionabili da tutti i contatti della sua rubrica» presente sul suo smartphone.
Per i Giudici della Cassazione è logico ritenere che l’uomo «non abbia limitato la visione» del proprio stato solo alla persona offesa, e quindi risulta provata la diffamazione.
Se l’uomo avesse voluto limitare la visione delle frasi offensive solo alla donna, le avrebbe inviato un messaggio privato e non lo avrebbe pubblicato sul proprio stato rendendolo così visibile a tutti i contatti della sua rubrica.
Conseguentemente il ricorso per Cassazione viene respinto e la sentenza id condanna confermata.
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Avv. Francesco Pavan
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