I social devono essere usati con cautela e va prestata molta attenzione non solo a quello che si scrive nel proprio profilo, ma anche alle azioni che si compiono.
Non esiste l’anonimato nel WEB, ogni azione è tracciabile e ogni messaggio rimane sempre e comunque in rete.
I sentimenti di gelosia nei confronti dell’ex compagno avevano portato l’imputato a creare un falso profilo Facebook con il quale contattare i conoscenti della vittima per rivelarne l’orientamento sessuale, obiettivo perseguito anche con lettere anonime inviate ai genitori e volantini appesi all’androne di casa: la Cassazione conferma la condanna per sostituzione di persona e diffamazione.
(Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 38911/18; depositata il 24 agosto)
La Corte d’Appello di Lecce riformava parzialmente la sentenza di prime cure emessa a carico di un imputato per sostituzione di persona (art. 494 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.), dichiarando invece non doversi procedere per la contestazione di molestie o disturbo delle persone (art. 660 c.p.) per prescrizione.
Dalla ricostruzione della vicenda era emerso che l’imputato si era sostituito alla persona offesa creando un falso profilo Facebook a suo nome per contattare alcuni conoscenti ed aveva inviato lettere anonime ai genitori della vittima rivelando il suo orientamento sessuale, circostanza che appariva anche da alcuni volantini appesi nell’androne dello stabile dove viveva.
La sentenza d’appello viene impugnata in Cassazione dal difensore dell’imputato, ma la condanna permane.
Cosa ha deciso la Cassazione.
La Sentenza d’Appello va confermata in quanto la sentenza impugnata ha comunque fornito un adeguato apparato argomentativo.
È ugualmente inammissibile la censura relativi alla riferibilità della creazione del falso profilo Facebook: anche in questo caso si tratta di una rivalutazione di merito che travalica i limiti del giudizio di legittimità. Inoltre, anche sotto questo profilo, correttamente la Corte territoriale ha escluso la rilevanza dell’affermazione della difesa secondo cui il modem della sua abitazione sarebbe stato utilizzato anche da terzi tramite delle connessioni abusive.
Infine, in merito al trattamento sanzionatorio ed alla mancata concessione delle attenuanti generiche, la Corte ricorda che il giudice non deve in tal caso prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotta dalle parti o rilevabili dagli atti, potendo limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevante.
In conclusione, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Avv. Francesco Pavan