RUBA FOTO PER PROFILO SOCIAL: CONDANNATO
Nessuna giustificazione per un uomo, ritenuto colpevole di sostituzione di persona e illecito trattamento di dati personali.
Fatale l’avere utilizzato per il proprio profilo su un sito una foto, reperita tramite Google, appartenente a un’altra persona.
(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 12062/21, depositata il 30 marzo)
I fatti
Assolutamente lecito iscriversi a un sito web destinato ai single e mirato a favorire amicizie, relazioni e incontri.
Molto meno lecito, invece, utilizzare per il proprio profilo la foto di un’altra persona: questa azione, difatti, può costare una condanna penale per i reati di sostituzione di persona e violazione della privacy.
A finire sotto processo è un uomo,Tizio, beccato a utilizzare la fotografia di un altro uomo, Caio, per il profilo creato sul noto social network Badoo.
Ricostruita la vicenda, grazie soprattutto al materiale reperibile in rete, Tizio viene condannato, sia in primo che in secondo grado, per «sostituzione di persona» e «illecito trattamento di dati personali».
In aggiunta egli viene anche obbligato a risarcire i danni subiti da Caio, che era assolutamente all’oscuro del fatto che una sua foto, reperita tramite Google, fosse stata utilizzata in modo abusivo.
Col ricorso in Cassazione, Tizio prova a ridimensionare la gravità della propria condotta.
In particolare, egli sostiene che «l’utilizzazione sul profilo ‘Badoo’ di tre immagini di persone diverse dimostra l’intento meramente decorativo, atteso, tra l’altro, che la fotografia della parte offesa era stata reperita tramite Google» e aggiunge che «difetta l’evento del reato, perché non è stato provato che qualcuno sia stato indotto in errore».
Secondo Tizio, quindi, «non è configurabile il tentativo di sostituzione di persona», e va esclusa la violazione della normativa sulla privacy, poiché «la fotografia utilizzata su ‘Badoo’ era già di dominio pubblico, in quanto postata dalla parte offesa sul proprio profilo Facebook».
La decisione della Cassazione
I Giudici della Cassazione ribadiscono, difatti, che «integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di colui che crea ed utilizza un profilo su un social network servendosi abusivamente dell’immagine di un diverso soggetto (e inconsapevole), in quanto idonea alla rappresentazione di un’identità digitale non corrispondente al soggetto che ne fa uso».
Inoltre, «la descrizione di un profilo poco lusinghiero sul social network evidenzia sia il fine di vantaggio, consistente nell’agevolazione delle comunicazioni e degli scambi di contenuti in rete, sia il fine di danno per il terzo di cui è abusivamente usata l’immagine e comporta che gli utilizzatori del servizio vengano tratti in inganno sulla disponibilità della persona associata all’immagine a ricevere comunicazioni a sfondo sessuale o sentimentale».
Allo stesso tempo, i Giudici precisano che «il reato di illecito trattamento dei dati personali è integrato dall’ostensione di dati personali del loro titolare ai frequentatori di un social network attraverso il loro inserimento, previa creazione di un falso profilo, sul relativo sito», e «il nocumento che ne deriva al titolare medesimo si identifica in un qualsiasi pregiudizio giuridicamente rilevante di natura patrimoniale o non patrimoniale subito dal soggetto cui si riferiscono i dati protetti oppure da terzi quale conseguenza dell’illecito trattamento».
Irrilevante, quindi, il richiamo difensivo al fatto che «l’immagine della persona offesa era di dominio pubblico», poiché «il profilo Facebook della persona offesa, in cui l’immagine stessa era postata, non può, infatti, qualificarsi come un luogo virtuale pubblico, in quanto protetto da particolari misure atte a non consentirne l’accesso se non a persone previamente selezionate dal titolare del profilo stesso».
Nessun dubbio, quindi, sulla colpevolezza di Tizio, obbligato anche a risarcire i danni subiti da Caio.
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Avv. Francesco Pavan