L’albergatore che non versa l’imposta di soggiorno risponde di peculato.
E’ imprescindibile l’esame dei caratteri qualificanti dell’attività in concreto svolta dal gestore della struttura alberghiera per definirlo incaricato di pubblico servizio ai fini della configurabilità del delitto di peculato per il mancato versamento delle somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno nelle casse del Comune.
(Corte di Cassazione, Sez. VI Penale, sentenza n. 18320/21, depositata l’11 maggio)
I fatti
Il Tribunale di Siena condannava l’imputato per il delitto di peculato in quanto, in qualità di titolare di una struttura ricettiva di case e alberghi per vacanze – situata nel comune di Poggibonsi – addetto alla riscossione dagli ospiti delle somme di denaro destinate al Comune a titolo di imposta di soggiorno e dunque incaricato di pubblico servizio, si era appropriato di tali somme, omettendo di versarle alle casse comunali.
Il GUP del Tribunale di Siena, su concorde richiesta delle parti applicava all’imputato la pena della reclusione.
Avverso tale sentenza, l’imputato ricorre in Cassazione, lamentando vizio di violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.
La contestazione secondo il ricorrente presenterebbe aspetti di genericità e la sentenza impugnata avrebbe omesso l’esame del regolamento del Comune, che costituisce la fonte diretta dell’obbligo imposto al ricorrente, offrendo le coordinate giuridiche applicabili al caso in esame.
La decisione della Cassazione
La Corte ritiene fondato il ricorso, pur ricordando che secondo la normativa di cui all’art. 4 d.lgs. n. 23/2011 il gestore delle strutture ricettive ricopre la qualità di incaricato di pubblico servizio anche in assenza di specifico incarico da parte della PA qualora provveda materialmente ed effettivamente alla riscossione dell’imposta di soggiorno.
Il comma 3 dell’art. 4 citato rinvia però ai regolamenti comunali per individuare il rapporto tra il Comune e i gestori delle strutture operanti sul territorio.
Dunque, secondo la S.C., fermo restando che l’art. 358 c.p. definisce come incaricato di pubblico servizio colui che, a qualunque titolo e a prescindere dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione, presta un pubblico servizio, nel caso in esame si è in presenza di una questione che presenta margini di opinabilità.
La sentenza impugnata contiene infatti, ai fini della qualificazione giuridica del fatto e del suo presupposto, costituito dalla qualifica soggettiva dell’imputato quale agente contabile e incaricato di pubblico servizio, una ricostruzione della disciplina che non tiene conto del Regolamento con il quale il Comune in questione ha disciplinato la materia dei rapporti con i gestori delle strutture alberghiere.
Non è stato infatti esaminato in concreto quali fossero state, nella prospettiva funzionale oggettiva che caratterizza la qualificazione del soggetto attivo del reato quale incaricato di pubblico servizio, i connotati pubblicistici dell’attività svolta dal gestore della struttura sia in fase di riscossione che in quella di versamento dell’imposta, tenuto conto che il gestore della struttura viene individuato, ai sensi del regolamento, quale soggetto che risponde direttamente del corretto e integrale versamento dell’imposta di soggiorno al Comune.
Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e annulla la pronuncia impugnata.
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Avv. Francesco Pavan
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