L’attenzione che si deve prestare nell’utilizzo degli oggetti presenti in luoghi pubblici o aperti al pubblico dev’essere sempre massima.
Respinta la richiesta presentata da un’anziana signora nei confronti di un Comune abruzzese.
Per i Giudici il capitombolo è addebitabile non a difetti strutturali della scala, bensì dall’utilizzo fattone dalla donna.
Fatale l’utilizzo di una scala: la donna – 71 anni –, impegnata a sistemare fiori freschi nei vasi che caratterizzano la lapide del marito, scivola e finisce a terra in malo modo.
(Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 23203/18; depositata il 27 settembre)
E’ stato appurato che la donna «è caduta da una scala a pioli in ferro, collocata sul posto per accedere ai loculi più alti» mentre provava a sistemare un mazzo di fiori freschi nei vasi presenti sulla lapide del marito.
Consequenziale è la richiesta di risarcimento – per una cifra che si attesta sui 230mila euro – presentata dalla vedova nei confronti del Comune come «proprietario e custode del locale cimitero».
Ma la domanda viene respinta prima dai giudici del Tribunale e poi da quelli della Corte d’appello, che, in sostanza, non ritengono l’ente locale responsabile per la caduta subita dalla donna.
La vedova decide perciò di presentare ricorso in Cassazione, ribadendo il proprio «diritto al risarcimento» ed evidenziando nuovamente le responsabilità del Comune.
Nello specifico si evidenzia come «la scala, in quanto non a norma e priva dei cosiddetti gommini antiscivolo, rappresentava un pericolo» e che «il Comune era consapevole della presenza della scala all’interno dell’area cimiteriale e dell’utilizzo da parte dei visitatori e, pertanto, avrebbe dovuto verificare se la scala stessa, posizionata su quel tipo di pavimento o in qualsiasi altro luogo, potesse scivolare» e costituire quindi un pericolo per le persone.
I Giudici della Cassazione respingono anch’essi l’ipotesi di un risarcimento a favore della vedova, stabilendo che «la caduta della donna è stata provocata non da un difetto strutturale della scala», bensì «dall’errato posizionamento della scala» – effettuato non tenendo conto del «giusto grado di inclinazione» –, posizionamento che «ne aveva provocato l’improvviso slittamento», facendo finire a terra la donna.
Esclusi, quindi, «difetti strutturali» della scala, e appurato, anzi, che essa, pur «priva di gommini», era «idonea allo scopo, se correttamente usata», come fatto dalla vedova anche in altre occasioni, è logico ritenere l’incidente addebitabile alla condotta della donna.
Contattate l’avvocato Francesco Pavan ai recapiti dello Studio che trovate a questo link Contatti Studio per avere maggiori informazioni e analizzare il vostro caso.
Avv. Francesco Pavan