Blitz in cortile per spiare una persona, è Violazione di domicilio

BLITZ IN CORTILE PER SPIARE UNA PERSONA: E’ VIOLAZIONE DI DOMICILIO.
Decisiva la constatazione che lo spazio del cortile, pur essendo ancora di proprietà del condominio, era stato recintato ed era divenuto, difatti, di pertinenza della casa della persona spiata.
Cass. pen., sez V, ud. 17 ottobre 2022 (dep. 10 novembre 2023), n. 45485

I fatti

Si può parlare di violazione di domicilio a fronte di una condotta consistita nell’utilizzare uno spazio del cortile, di pertinenza di una casa ma in realtà ancora di proprietà del condominio, per spiare attraverso una finestra la persona che vive in quella casa.
A finire sotto processo è un uomo, Tizio, accusato di avere preso di mira la vicina di casa, Caia, spiandola praticamente ogni giorno attraverso una finestra e costringendola addirittura a svestirsi e vestirsi in corridoio per poter avere un minimo di privacy.
Il quadro probatorio, centrato sui racconti fatti da Caia, è ritenuto inequivocabile dai giudici di merito, i quali ritengono Tizio, sia in primo che in secondo grado, colpevole di violazione di domicilio, poiché si è appurato che egli «spiava dalle finestre la vicina di casa, previa introduzione in un’area adiacente all’abitazione della persona offesa, sita al piano terra della stessa palazzina in cui abitava anche lui, oltre che un terzo condòmino» e che «tale area faceva parte di una zona cortilizia di proprietà comune ma che Caia aveva recintato, con l’accordo degli altri condòmini, per evitare che i suoi cani scappassero e che ella utilizzava come pertinenza esclusiva».
A margine, poi, viene annotato che «l’accordo circa la suddivisione dell’area tra i vari condòmini non si era, tuttavia, formalizzato per il ripensamento» di Tizio.
Su quest’ultimo punto è centrata l’obiezione difensiva proposta in Cassazione e mirata a porre in evidenza «l’espresso rifiuto» di Tizio a «concludere l’accordo per la divisione del cortile», cortile che egli aveva utilizzato per avvicinarsi alle finestre di Caia per poterla spiare liberamente.

La decisione della Cassazione

Per i Magistrati di Cassazione, però, è inequivocabile la ricostruzione della vicenda, ricostruzione che ha permesso di accertare come Tizio abbia «avuto accesso ripetutamente, in maniera clandestina, nell’area recintata adiacente l’abitazione della persona offesa, cioè Caia, attuando condotte aventi l’evidente fine di spiarla attraverso le finestre, tanto che la persona offesa e la figlia ormai si vestivano nel corridoio, unico luogo non esposto alla vista di chi si trovava all’esterno» della casa.
Il legale che difende Tizio ha sostenuto che «la persona offesa non avesse lo ius excludendi alios che costituisce il presupposto per la sussistenza del reato di violazione di domicilio, dal momento che l’area recintata fa parte di una zona condominiale comune e l’accordo iniziale circa una tripartizione tra i tre condòmini – ivi compreso Tizio – non era stato poi formalizzato proprio per la opposizione di Tizio».
Per i Giudici, però, non si può ignorare che «ai fini della configurabilità del reato di violazione di domicilio, l’occupazione non coperta da valido titolo non esclude in capo all’occupante l’esercizio dello ius excludendi alios, quando le particolari modalità con cui si è svolto il rapporto con il titolare del diritto sull’immobile consentono di ritenere quel luogo come l’effettivo domicilio dell’occupante medesimo».
Passaggio successivo è l’affermazione che «lo svolgersi dei rapporti tra i condòmini della piccola palazzina teatro dei fatti dava luogo, in capo alla persona offesa, ad una situazione di fatto meritevole di tutela».
In sostanza, «dopo l’accordo verbale sulla tripartizione dell’area, Caia aveva recintato – nella non opposizione degli altri due condòmini – la porzione antistante la sua unità immobiliare, facendone, a tutti gli effetti, una pertinenza della propria abitazione (collocandovi arredi, una piscina e gli alloggi del cane), con il perdurante assenso del terzo condòmino e con la sostanziale inerzia di Tizio, che, difatti, non risulta avere intentato azioni per contestare la delimitazione nel momento in cui era ritornato sull’iniziale intenzione di consentire la suddivisione».
In questa ottica, poi, «non rileva che l’accordo non fosse stato, alla fine, tradotto in un atto scritto, giacché può e deve darsi rilievo», chiariscono i Giudici, «alla situazione di fatto nella realtà non contestata, che faceva della zona recintata da Caia un luogo oramai protetto dove ella svolgeva atti della vita quotidiana».
Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici sottolineano che «lo scopo della introduzione di Tizio all’interno della zona» recintata da Caia «era non già quello di manifestare il suo dissenso sulla questione della delimitazione e di esercitare, a torto o a ragione, il suo diritto di comproprietà, ma quello di spiare la persona offesa e di violarne l’intimità personale e familiare».
Contattate l’avvocato Francesco Pavan ai recapiti dello Studio che trovate a questo link Contatti Studio per avere maggiori informazioni e analizzare il vostro caso.
Avv. Francesco Pavan
Contattaci

Hai bisogno di una consulenza?
Richiedi un appuntamento

Seguici anche su FB