Abbandono di rifiuti domestici, sequestrato il furgone dell’impresa.
Inutile per l’indagato lamentare il fatto che la condotta contestata aveva ad oggetto rifiuti di natura domestica, estranei quindi all’attività di impresa di cui egli era titolare ed alla quale era intestato il furgone finito sotto sequestro.
Cass. pen., sez. III, ud. 18 gennaio 2024 (dep. 8 maggio 2024), n. 18046
I Fatti
Il Tribunale di Cosenza rigettava la richiesta di riesame del decreto del GIP che, in considerazione della sussistenza indiziaria del reato di abbandono di rifiuti, ha disposto il sequestro preventivo del furgone utilizzato dall’indagato per il trasporto e l’abbandono dei rifiuti.
Abbandono di rifiuti domestici, sequestrato il furgone dell’impresa.
Il provvedimento è oggetto di impugnazione da parte dell’uomo che lamenta l’insussistenza del fumus del reato in quanto il Tribunale avrebbe trascurato il fatto che il furgone sequestrato era intestato all’attività di impresa di cui egli era titolare mentre il reato contestato era riferito a rifiuti di natura domestica abbandonati in qualità di persona fisica ed estranei, dunque, all’esercizio della sua attività d’impresa.
La decisione della Cassazione
Abbandono di rifiuti domestici, sequestrato il furgone dell’impresa
La tesi difensiva risulta infondata.
Da un lato infatti tale prospettazione avrebbe l’effetto di escludere dalla fattispecie penale in questione la condotta dell’imprenditore che abbandona rifiuti prodotti da altri, dall’altro lato farebbe dipendere la penale rilevanza della condotta dalla natura del rifiuto abbandonato, con l’effetto per cui «l’abbandono di rifiuti domestici sarebbe penalmente irrilevante».
La Corte richiama a questo punto il principio secondo cui «il reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, pur avendo in comune con l’illecito amministrativo previsto dall’art. 255, comma 1, d.lgs. n. 152/2006 le condotte di abbandono, deposito incontrollato e immissione, si trova con tale ultima norma in rapporto di specialità in ragione delle peculiari qualifiche soggettive rivestite dai suoi destinatari che possono essere solo i titolari di imprese o i responsabili di enti» (v. da ultimo Cass. pen. n. 15234/2020). Il principio trova conferma anche a seguito della modifica dell’art. 255 d.lgs. n. 152/2006 da parte dell’art. 6-ter d.l. n. 105/2023 che ha reso penalmente rilevanti le condotte di abbandono previste, trasformando così l’illecito amministrativo in reato ma lasciando inalterati il precetto e i rapporti strutturali tra le due fattispecie.
Infine, richiamando un altro precedente (Cass. pen. n. 33423/2023) secondo cui non integra la contravvenzione in parola la condotta di un imprenditore che abbandoni o depositi rifiuti estranei dallo svolgimento della sua attività, la Corte precisa il principio di diritto secondo cui «ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, è necessaria e sufficiente la qualifica soggettiva dell’autore della condotta, non essendo altresì richiesto che i rifiuti abbandonati derivino dalla specifica attività di impresa, posto che il reato in esame può essere commesso dai titolari di impresa o responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato non solo rifiuti di propria produzione, ma anche quelli di diversa provenienza e ciò in quanto il collegamento tra le fattispecie previste dal primo e dal secondo comma dell’art. 256, comma 2, riguarda il solo trattamento sanzionatorio e non anche la parte precettiva».
Sulla base di tale argomentazione, il ricorso viene rigettato.
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Avv. Francesco Pavan