Tamponamento a catena: le responsabilità dei singoli conducenti

Tamponamento a catena: le violazioni degli altri conducenti non salvano l’automobilista che ha tamponato per primo.
Confermata la condanna per omicidio colposo.
Inequivocabile l’inadeguatezza della condotta di guida tenuta dall’automobilista sotto processo.
Irrilevanti le violazioni compiute dagli altri due conducenti coinvolti nell’incidente.
(Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 22268/21; depositata l’8 giugno)

I Fatti

Colpevole di «omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale e dallo stato di alterazione dovuto alla assunzione di sostanze stupefacenti» l’automobilista che prima ha «tamponato una vettura che lo precedeva nello stesso senso di marcia» e poi, «perso il controllo del mezzo», ha impattato con un veicolo che «procedeva nel senso contrario di marcia», causando ferite al conducente e, soprattutto, provocando la morte del passeggero.
In Cassazione il legale dell’automobilista pone in evidenza le condotte di guida degli altri due conducenti coinvolti nell’incidente, osservando che «uno ha omesso di dare la precedenza» al suo cliente e «l’altro ha impresso al proprio mezzo una velocità eccessiva».
Questi dettagli sono sufficienti per mettere in discussione, secondo il legale, le colpe attribuite all’automobilista accusato di omicidio, anche tenendo presente, poi, che, in merito «all’accertamento dello stato di alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti», «la prova ematica non ha dimostrato l’epoca della assunzione degli stupefacenti, ma la sola presenza dei metaboliti delle differenti sostanze» mentre «la verifica dello stato di alterazione è stata affidata alla sola condotta di guida».
Viene richiamata la dinamica dell’incidente, verificatosi «in orario notturno (ore 22.30), allorché il conducente» ora sotto processo «stava viaggiando a una velocità quasi doppia rispetto al vigente limite di 50 chilometri orari» quando «una vettura si è immesso» nella corsia da lui percorsa.
A quel punto, l’automobilista sotto processo «ha tamponata violentemente la vettura immessasi» nella corsia senza dare la precedenza e il suo veicolo «è finito, per effetto dell’impatto, prima contro un muretto, quindi, sollevatosi da terra, ha sormontato una terza vettura, provocando e il decesso del passeggero».

La decisione della Cassazione

A inchiodare l’automobilista sotto processo sono, in sostanza, quattro elementi: «la velocità non consentita; la sua inadeguatezza rispetto alle condizioni di visibilità particolarmente scarse (stante la pessima illuminazione del tratto stradale); l’invasione della opposta corsia di marcia; l’alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti».
A fronte di tale quadro i Giudici della Cassazione ritengono irrilevante il riferimento difensivo alle condotte degli altri conducenti coinvolti nell’incidente.
In particolare, «la circostanza che un conducente violi l’obbligo di dare la precedenza non è fatto imprevedibile, poiché i doveri di prudenza e diligenza in materia di circolazione stradale presidiano anche situazioni di pericolo causate da comportamenti irresponsabili altrui».
I Magistrati richiamano il principio secondo cui «esiste, con riferimento all’ambito della circolazione stradale, una tendenza a escludere o limitare al massimo la possibilità di fare affidamento sull’altrui correttezza», anche tenendo presente che «alcune norme del Codice della Strada sembrano estendere al massimo l’obbligo di attenzione e prudenza, sino a ricomprendervi il dovere dell’agente di prospettarsi le altrui condotte irregolari».
In questa vicenda, peraltro, «le presunte condotte colpevoli degli altri due conducenti» coinvolti «erano al più espressione di atteggiamenti di imprudenza alla guida, del tutto prevedibili» da parte dell’automobilista sotto processo, sanciscono i magistrati.
Per quanto concerne «la prova dell’alterazione», è stata valorizzata «la condotta di guida» tenuta dall’automobilista sotto processo, con specifico riferimento alla «imprudenza» compiuta «viaggiando a una velocità pari al doppio di quella autorizzata, in orario notturno, lungo una strada interessata da intersezioni varie».
A questo proposito i magistrati ritengono decisivi non solo «i risultati dell’esame biologico» effettuato sull’automobilista, ma anche, anzi soprattutto, i dettagli della condotta di guida, evidentemente «rocambolesca e del tutto incompatibile con il pieno possesso di normali capacità di reazione, tenuto conto del rilevato margine di discostamento della velocità impressa al proprio veicolo, della circostanza che l’auto aveva dapprima urtato un mezzo senza riuscire a controllarlo, che era pure finita su un muretto, finendo per invadere la corsia sulla quale viaggiava il veicolo con a bordo la vittima».
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Avv. Francesco Pavan

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