Finisce male lo scherzo organizzato dal fratello della vittima con alcuni amici, i quali si sono introdotti nell’abitazione comune dei due sorprendendolo nel sonno all’interno della sua camera da letto.
In tema di violazione di domicilio, infatti, la Corte di Cassazione chiarisce che il consenso della vittima va distinto a seconda che tra i conviventi sussista una situazione di coabitazione, come nel caso di specie, ovvero di convivenza.
(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 31276/20; depositata il 9 novembre).
I Fatti
La vicenda ha ad oggetto uno scherzo degenerato, che vede l’introduzione nell’abitazione comune di due fratelli (uno complice dello scherzo e l’altro vittima dello stesso) e la sorpresa nella stanza da letto di uno dei due con annessa ripresa del tutto, video divulgato poi via chat.
In tale vicenda, il Tribunale aveva ravvisato gli estremi del reato di violazione di domicilio, per via della finalità perseguita dagli agenti, del fatto che l’inidoneità di uno di essi all’ammissione nell’abitazione (in quanto dedito al consumo di alcolici e affetto da ritardo mentale) non esclude la materialità del fatto, e ravvisando il pericolo di reiterazione del reato anche per via della diffusione del video dell’incursione.
Uno degli indagati propone ricorso per cassazione, facendo presente, tra i diversi motivi, la sussistenza dell’invito domino ai fini dell’introduzione nel domicilio.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara infondato il ricorso, osservando come in caso di convivenza lo ius excludendi spetta a ciascuno dei coabitanti, rilevando che le finalità illecite perseguite dagli agenti superano senza dubbio la presunzione di consenso da parte della vittima in vista dell’accesso alla sua stanza da letto.
In tal senso, la Corte ritiene opportuno evidenziare la distinzione tra convivenza e coabitazione ai fini del suddetto consenso.
Mentre per convivenza si intende un legame affettivo stabile e duraturo in relazione al quale sono spontaneamente assunti impegni reciproci di assistenza morale e materiale, la coabitazione è una semplice situazione di fatto che consiste nella condivisione dello stesso alloggio ispirata a ragioni di opportunità e convenienza, in cui vengono a delinearsi ambiti personali e inviolabili di godimento.
In tale contesto, il consenso all’accesso prestato da uno solo dei coabitanti si limita agli spazi comuni e a quelli di esclusiva pertinenza dello stesso, mentre per le parti in godimento esclusivo spetta solo all’avente diritto ammettervi terzi.
Per questo motivo, la Corte di Cassazione afferma che «in tema di violazione di domicilio, debbono essere tenute distinte le situazioni di convivenza e di coabitazione: mentre per la prima […] il consenso di uno dei conviventi esprime il consenso tacito degli altri, nelle seconde […] viene a definirsi per ciascuno dei coabitanti uno spazio esclusivo, che richiede, al fine di consentire l’accesso a terzi, il consenso dell’avente diritto».
Nel caso concreto, non essendo dedotto che tra i fratelli sussistesse una relazione di qualificata convivenza, il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio menzionato, integrando il reato di violazione di domicilio la condotta di chi si introduce nell’abitazione altrui con intenzioni illecite, poiché in tal caso è implicita la volontà contraria del titolare dello ius excludendi.
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Avv. Francesco Pavan