La Corte di Cassazione con la sentenza n. 32392 del 5 luglio 2017, ha stabilito che il reato previsto dall’art. 12, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 286 del 1998 (T.U. Immigrazione), presuppone il fine di trarre un ingiusto profitto dalla locazione o dal dare alloggio ad uno straniero irregolare.
Tale finalità può essere evinta da vari elementi tra cui le condizioni contrattuali più vantaggiose per il proprietario dell’immobile, ma non necessariamente anche dal fatto che il contratto sia eccessivamente oneroso per lo straniero.
Il Tribunale di Milano condannava il proprietario di due immobili per averli concessi in locazione, a titolo oneroso, a degli stranieri privi del permesso di soggiorno. Secondo il Giudice di merito tale condotta integrava il delitto di cui all’art. 12, comma 5 bis, del come novellato dal D.L. n. 92 del 2008, convertito con modificazioni dalla Legge n. 125 del 2008 e, successivamente, modificato dall’art. 1, comma 14, della Legge 15 luglio 2009, n. 94, avendo l’imputato tratto un ingiusto profitto dalle suddette locazioni, come desunto dalle condizioni contrattuali applicate, più gravose rispetto ai valori di mercato, approfittando, così, delle condizioni di clandestini dei soggetti stranieri.
L’imputato proponeva Appello chiedendo l’assoluzione e la revoca della confisca degli immobili disposta con la sentenza di condanna.
La Corte d’Appello di Milano accoglieva l’Appello e assolveva l’imputato sul presupposto che: “nel caso di specie, non si fosse raggiunta la prova della sussistenza del dolo specifico di voler trarre un profitto dalla condizione di irregolarità degli inquilini stranieri, non potendosi ritenere esorbitante il canone di locazione applicato rispetto a quello normalmente praticato, considerato che la mera locazione di un immobile ad un cittadino straniero irregolare non costituisce, di per sé, condotta penalmente rilevante”.
Avverso la sentenza di Appello ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Milano.
La Corte di Cassazione, con la sentenza summenzionata ha stabilito che: “sia l’art. 12, comma 5 bis, del TU Immigrazione, che costituisce ipotesi speciale e meno grave rispetto a quella più generale prevista dal comma 5 della medesima disposizione, quanto quest’ultima, puniscono chiunque, al fine di trarne profitto, favorisca la permanenza di uno straniero privo del permesso di soggiorno, nonché, più in particolare, chiunque gli fornisca alloggio o gli ceda, anche in locazione, un immobile di cui abbia la disponibilità. Entrambe le disposizioni sono volte a reprimere le condotte di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e richiedono l’elemento soggettivo del dolo specifico di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di irregolarità dello straniero.”
Infatti, il D.L. 23 maggio 2008, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 luglio 2008, n. 125, ha introdotto il comma 5 bis, estrapolando la relativa fattispecie da quella prevista dal comma 5, e ha stabilito, come figura autonoma di reato, l’incriminazione della condotta di chi, al fine di trarre ingiusto profitto, a titolo oneroso dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione, prevedendo, al tempo stesso, che in caso di condanna con provvedimento irrevocabile, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 c.p.p., pur se sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, è disposta la confisca dell’immobile, salvo che il bene appartenga a persona estranea al reato. A tal fine è necessario che la condotta sia realizzata con il fine di trarre ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero e che tale profitto trovi nella condizione di illegalità dello straniero la causa esclusiva della sua ingiustizia.
Ciò premesso, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, censurando la sentenza della Corte d’Appello nella parte in cui aveva erroneamente affermato che, per integrare il dolo specifico del delitto di cui all’art. 12, comma 5 bis, TU immigrazione, debba sussistere un canone di locazione esorbitante rispetto a quello normalmente praticato.
Per la punibilità dell’art. 12, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 286 del 1998 è, quindi, sufficiente che la condizione di irregolarità dello straniero abbia reso possibile o anche solo più agevole la conclusione di un contratto a condizioni oggettivamente più vantaggiose per il contraente più forte, condizioni che non si devono tradurre necessariamente in un sinallagma eccessivamente oneroso per il clandestino.