RISTORATORE CONDANNATO PER IL CONGELAMENTO NON APPROPRIATO DEI PRODOTTI
I Giudici precisano che il reato non può essere escluso sulla scorta della mancanza di accertamenti e analisi tecniche, a fronte della descrizione della situazione di conservazione direttamente apprezzata dagli accertatori.
Cass. pen., sez III, ud. 9 novembre 2023 (dep. 9 febbraio 2024), n. 5672
I fatti
Ricostruito rapidamente il quadro probatorio a sostegno dell’accusa, quadro poggiato sui riscontri effettuati dalle forze dell’ordine in occasione di un controllo nel locale, il titolare di un ristorante viene ritenuto colpevole per «avere detenuto, nel congelatore, prodotti alimentari deperibili in cattivo stato di conservazione e di pulizia, quali carni, semilavorati, anatre e mazzancolle, congelati in proprio o decongelati e poi ricongelati».
Per i giudici del Tribunale non ci sono dubbi: ci si trova di fronte a una violazione della normativa che vieta di «impiegare (nella preparazione di alimenti o bevande), vendere, detenere per vendere o somministrare come merce ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione».
Col ricorso in Cassazione si propone una differente chiave di lettura sostendendo che in Tribunale «non è stata accertata tale violazione per mezzo di analisi di laboratorio, capaci di dimostrare il deperimento degli alimenti, mentre il verbale di ispezione sanitaria» agli atti «non considerava le caratteristiche delle sostanze alimentari, ma solamente il cattivo stato dei luoghi e degli strumenti impiegati per la conservazione».
La decisione della Cassazione
Per i Magistrati di Cassazione, però, le obiezioni non vanno accolte perché «oggetto della disciplina sanzionatoria è la modalità di detenzione degli alimenti, modalità su cui deve concentrarsi l’accertamento istruttorio, a prescindere dalia presenza di microbi, parassiti, sporcizia, stati di alterazione», presenza che, quindi, «deve ritenersi irrilevante», e poi perché, normativa alla mano, «si persegue un autonomo fine di benessere, consistente nell’assicurare una protezione immediata all’interesse del consumatore a che il prodotto giunga al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura».
Di conseguenza, «il reato non può essere escluso sulla scorta della mancanza di accertamenti e analisi tecniche, a fronte della descrizione della situazione di conservazione direttamente apprezzata dagli accertatori, secondo cui vi erano alimenti congelati in proprio, anche se destinati al consumo come freschi, oltre ad alimenti ricongelati in proprio dopo un decongelamento e mantenuti in vaschette aperte con brinatura e senza indicazioni».
In sostanza, «il cattivo stato di conservazione degli alimenti può essere accertato dal giudice senza necessità del prelievo di campioni e di specifiche analisi di laboratorio» ma solo «sulla base di dati obiettivi risultanti dalla documentazione relativa alla verifica e dalle dichiarazioni degli ispettori sanitari», essendo il cattivo stato di conservazione degli alimenti «ravvisabile, in particolare, nel caso di evidente inosservanza delle cautele igieniche e delle tecniche necessarie ad assicurare che le sostanze si mantengano in condizioni adeguate per la successiva somministrazione».
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Avv. Francesco Pavan