Condominio: si può vendere un appartamento senza una parte comune?
La clausola, contenuta nel contratto di vendita di un’unità immobiliare di un condominio, con la quale viene esclusa dal trasferimento la proprietà di alcune delle parti comuni è nulla poiché, mediante la stessa, s’intende attuare la rinuncia di un condomino alle predette parti che è, invece, vietata dal capoverso dell’art. 1118 c.c..
Difatti, esiste l’interesse del condominio di godere del cortile come bene comune con tutte le facoltà inerenti e a non lasciare, per una percentuale del 50%, tali beni al venditore del secondo piano del fabbricato ed estraneo al condominio residenziale.
(Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 1610/21; depositata il 26 gennaio)
I fatti
Sia in primo che in secondo grado, i Giudici del merito avevano respinto la domanda con la quale i ricorrenti avevano chiesto di dichiarare la nullità della clausola presente nel contratto di compravendita secondo la quale, nelle porzioni immobiliari compravendute, non era compresa la quota del 50% del cortile e della centrale termica.
In particolare, secondo la Corte territoriale, il cortile comune non poteva essere trasferito in ragione dell’espressa dichiarazione di riserva.
Dunque, secondo tale ragionamento, qualora i beni comuni siano semplicemente funzionali all’uso e al godimento delle singole unità, queste ultime possono essere cedute separatamente dal diritto di condominio sui beni comuni, con la conseguenza che in tal caso, la presunzione di cui all’art. 1117 c.c. risulta superata dal titolo.
La decisione della Cassazione
Avverso la pronuncia in commento, i ricorrenti proponevano ricorso in Cassazione eccependo che la centrale termica e il cortile, in forza dell’atto di divisione del 1975, che aveva costituito il condominio, erano stati considerati come beni comuni e, come tali, inalienabili senza il consenso di tutti i comproprietari delle unità residenziali del fabbricato principale, e, in secondo luogo, che sia la centrale elettrica che il cortile erano incorporati in modo essenziale alle residenze.
Difatti, tra di essi, esisteva un vincolo di destinazione caratterizzato da indivisibilità per essere i beni condominiali essenziali per l’esistenza ed il godimento delle proprietà esclusive.
In definitiva, secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello aveva erroneamente escluso che il cortile fosse un bene comune necessario ed essenziale per il godimento delle singole unità solo perché gli appartamenti al secondo piano erano dotati di ingresso sul fronte strada, non avendo considerato che i medesimi appartamenti godevano del cortile anche per la sua funzione di dare aria e luce.
Secondo la S.C., la cessione delle singole unità immobiliari separatamente dal diritto sulle cose comuni è vietata, ai sensi dell’art. 1118 c.c., solo in caso di condominialità “necessaria” o “strutturale”, per l’incorporazione fisica tra cose comuni e porzioni esclusive ovvero per l’indivisibilità del legame attesa l’essenzialità dei beni condominiali per l’esistenza delle proprietà esclusive: non anche nelle ipotesi di condominialità solo “funzionale” all’uso e al godimento delle singole unità, che possono essere, quindi, cedute anche separatamente dal diritto di condominio sui beni comuni (Cass. n. 18344/2015).
In conclusione, in virtù di quanto innanzi esposto, il ricorso è stato accolto; per l’effetto, la pronuncia è stata cassata con rinvio.
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